Il Naviglio Grande

Il Naviglio Grande: il più antico ed importante dei 5 Navigli milanesi

Il Naviglio Grande è un canale completamente artificiale, che derivava le sue acque dal fiume Ticino, presso Tornavento, una località nel Comune di Lonate Pozzolo (VA) e terminava, dopo un percorso di circa 50 chilometri con un dislivello di 33 metri (ma senza l’ausilio di conche di navigazione), nelle acque della Darsena di Porta Ticinese a Milano.

Tuttavia oggi, a causa di varie modifiche effettuate sul territorio, la portata effettiva del Naviglio Grande deriva dalle acque del Canale Industriale a Turbigo, che nasce alle dighe del Panperduto, mentre il tratto di Naviglio che si origina a Tornavento, non è più utilizzato e viene chiamato Naviglio Vecchio.

Caratteristiche

Oggi il Naviglio Grande è lungo circa 40 Km e si origina, come detto in precedenza, a Turbigo. Il primo tratto è parallelo al fiume e segue l’andamento del terreno, ad Abbiategrasso piega con un angolo quasi retto verso est e si dirige verso Milano.

Il Naviglio Grande è il più importante dei Navigli milanesi ed è stata la prima opera del genere a essere realizzata in Europa, nonché una delle grandi infrastrutture di ingegneria che sin dall’alto Medioevo caratterizzavano il territorio lombardo con strade, ponti e irrigazione,  consentendo lo sviluppo dei commerci, dei trasporti e dell’agricoltura.

Naviglio Grande a Milano

Storia del Naviglio Grande

Le origini del Naviglio Grande risalgono tra il 1152 ed il 1157, quando venne iniziato lo scavo del Ticinello, un canale che derivava le acque del Ticino a Tornavento e le conduceva fino a farle confluire nel Lambro meridionale, dopo aver superato i vari Comuni rivieraschi, tra cui gli ultimi di Abbiategrasso e Binasco.

Il canale era stato costruito per scopi difensivi, infatti divideva il territorio di Milano da quello di Pavia, alleata del Barbarossa. L’artefice dello scavo fu Guglielmo da Guintellino, architetto militare genovese al servizio dei Milanesi, che tra il 1156 e il 1158 realizzò anche il fossato a difesa della città e, con il materiale di riporto degli scavi, costruì i bastioni fortificati.

E’ proprio dall’ampliamento di quel fossato e dal successivo collegamento di Abbiategrasso, via Gaggiano, con Milano che venne realizzato il Naviglio.

Infatti, nel 1179 il Ticinello venne prolungato da Abbiategasso a Gaggiano (prendendo in seguito il nome di Navigium de Gazano – Naviglio di Gaggiano, in quanto navigabile); successivamente nel 1187 il naviglio giunse a Trezzano e nel 1211 fino alle porte di Milano, precisamente al laghetto di Sant’Eustorgio, nei pressi dell’attuale Darsena.

naviglio grande gaggiano
Naviglio Grande a Gaggiano anni ’50

La Navigazione

Inizialmente il canale non era navigabile e per un certo periodo prevalse la sua funzione irrigua; lo divenne solamente nel 1272, quando furono terminati (dal Maestro Giacomo Arribotti) i lavori di ampliamento e abbassamento del fondo ordinati nel 1257 dal podestà Benno de’ Gozzadini.

E così, dal 1272, il Naviglio Grande (così in seguito chiamato in quanto il maggiore per lunghezza e portata dei 5 Navigli Lombardi) fu percorso da una moltitudine di barche che, con i loro carichi, rivoluzionarono vita e abitudini di una vasta regione.

Una via sicura per il commercio

A quel tempo, rispetto al trasporto via terra, il trasporto fluviale era il metodo di più sicuro (in questo infatti modo si evitava di incorrere in briganti e malviventi) ed efficace per trasportare le merci, soprattutto per via dell’enorme quantità di merci che le chiatte potevano trasportare: i barconi infatti potevano trasportare circa 200 tonnellate l’uno, quasi quanto circa 5 autotreni.

Così, attraverso l’utilizzo dei “barconi” (chiamati cagnone, mezzane o borcelli a seconda delle dimensioni e delle portate) da Milano risalivano verso il Lago Maggiore e la Svizzera moltissime merci, tra cui: sale, grano, vini, manufatti, tessuti, stoviglie, e letame. Mentre a Milano, dal bacino del canale giungevano ciottoli, mattoni, creta, sabbia, ghiaia, paglia e fieno; dal Lago Maggiore invece arrivavano marmi, graniti e pietre da costruzione, calce, carbone, legna, vino, pesce e bestiame.

La conca di Viarenna ed il collegamento con la cerchia interna

Tuttavia in quegli’anni, il canale non era ancora collegato al fossato che circondava la città; ciò avverrà solamente dopo oltre un secolo, per le esigenze della Veneranda Fabbrica del Duomo.

Dobbiamo arrivare infatti al 15 marzo 1386, quando l’arcivescovo di Milano Antonio da Saluzzo pose la prima pietra del nuovo Duomo della città, che doveva essere un grande edificio di mattoni rossi, tipico del gotico lombardo. Tuttavia, l’anno successivo Gian Galeazzo Visconti, il quale voleva per la sua capitale un monumento superbo, si accordò con l’Arcivescovo per una costruzione in marmo, per non esser da meno alle grandi cattedrali europee del tempo.

Il Duca quindi mise a disposizione della Fabbrica del Duomo le sue cave di Candoglia, che donerà poi alla Fabbrica, oltre alla facoltà di cavare pietre dove si trovino; inoltre, nel 1388 concesse anche il diritto al trasporto esente da pedaggi, dazi e gabelle per tutto quanto sarà necessario all’edificazione. Candoglia è situata sul Toce, sulla sponda destra del Lago Maggiore e il marmo arriverà a Milano via acqua passando dal lago al Ticino e poi al Naviglio Grande fino al laghetto di Sant’Eustorgio.

imbarcazione navigli marmi
Disegno delle barche per il trasporto dei marmi

Per essere riconosciuti, i barconi venivano contrassegnati con le lettere AUF (Ad Usum Fabricae); e così, da quell’acronimo nacque l’espressione “a ufo” , e cioè gratis. Sono doni generosi ma non del tutto disinteressati, poiché d’ora in avanti sarà la Fabbrica del Duomo ad occuparsi della manutenzione del Naviglio.

L’autostrada per i marmi del Duomo

Inizialmente i barconi arrivavano a Milano fino al Laghetto di S. Eustorgio (l’attuale Darsena di Porta Ticinese) a circa due chilometri dal Duomo, pieni di migliaia di tonnellate del prezioso materiale, percorrendo così l’ultimo tratto via terra. 

All’inizio del ‘400, l’importante invenzione tecnica delle conche di navigazione (in seguito perfezionate da Leonardo da Vinci) riuscì a risolvere questo problema: infatti nel 1439, con la costruzione della Conca di Viarenna ed il collegamento alla Cerchia interna, le imbarcazioni arriveranno fino al Laghetto di S. Stefano, un bacino scavato appositamente, a soli trecento metri dal Duomo; da lì i blocchi di marmo, dopo essere stati caricati con apposite gru (dette “falcone” e “falconetto“), percorreranno gli ultimi metri su robusti carri fino alla “Cascina degli Scalpellini“, per essere poi trasformati in statue, fregi, doccioni e guglie.

conca di viarenna
La conca di Viarenna all’inizio del’900

Il laghetto, tuttavia, sarà il primo tratto dei navigli ad essere chiuso.  Fu infatti l’imperatore d’Austria Francesco Giuseppe nel 1857 (mancava poco all’unità d’Italia), in accordo con il direttore dell’ospedale, a decretarne la sua fine dopo una visita alla Ca’ Granda (l’Ospedale Maggiore), in quanto verificò di persona che le zanzare e le cattive esalazioni dell’acqua (pressoché stagnante) rendevano la degenza degli ammalati decisamente più difficile.

laghetto santo stefano
Raffigurazione del Laghetto di Santo Stefano su una stampa del 1845 circa. (W. Leitch e T. Higham)

Oggi purtroppo rimane soltanto la toponomastica a ricordare il bacino artificiale con la “via laghetto” e la “Piazza Santo Stefano“.

Anche dopo la chiusura del Laghetto, i blocchi di marmo furono trasportati via acqua a Milano fino al 1920, per poi passare al più rapido trasporto su strada.

conca di viarenna

La conca di Viarenna invece fu demolita a metà del secolo successivo per dare spazio alla costruzione dei bastioni delle mura spagnole (1548 – 1566), ma venne ricostruita poco distante tra il 1551 e il 1558 e fu attiva fino alla copertura dei navigli iniziata dagli anni’20 del ‘900. Oggi in via Conca, dietro una cancellata di ferro, si possono solamente vedere il rettangolo d’acqua dell’invaso e un’edicola: se si fa attenzione, si riescono a vedere gli stemmi a muro della Fabbrica, quello sforzesco e una lapide che ricorda come Lodovico il Moro nel 1497, anno della morte della moglie Beatrice d’Este, abbia donato la conca alla Fabbrica, di cui rimase titolare fino a quando Maria Teresa d’Austria non la riportò al fisco.

Manutenzione e cura del canale

Il traffico sempre intenso mise  dura prova il naviglio e le sue strutture, in particolare le sponde e le alzaie, così nel 1502 venne affidato al capo degli architetti della Fabbrica del Duomo, l’ingegnere Giovanni Antonio Amadeo, di effettuare una sorta di manutenzione straordinaria che riguardava anche sponde, ponti e soprattutto la profondità dell’acqua, che non dovrà mai esser inferiore a un metro.

Proprio di questi lavori si occupò anche Leonardo da Vinci, che nel Codice Atlantico, il 3 maggio 1509, annotava come conclusi i lavori per il rifacimento della chiusa di San Cristoforo per la regolazione del flusso verso la darsena. Per questi lavori ricevette, a San Cristoforo stesso, un “diritto d’acqua” (in pratica la proprietà di una bocca irrigua), menzionato anche nel suo testamento.

Nel 1585, toccò a Giuseppe Meda, Pellegrino Tibaldi e Martino Bassi mettere mano alle opere di presa impiegando le “moderne” arti del costruire. Vengono rifatti lo sperone, alto due metri sull’acqua e ricoperto di pietra, che in pratica costituisce l’inizio della sponda destra del naviglio, e la Paladella, ossia la diga costruita diagonalmente sul fondo che divide il flusso dell’acqua del Ticino in due correnti (oggi dismessa), l’una verso il canale e la seconda che scorre liberamente a valle (la cosiddetta bocca di Pavia).

La Darsena

La darsena era stata voluta e realizzata nel 1603 dal governatore spagnolo Pedro Enríquez de Acevedo Conte di Fuentes (1525-1610): era addossata alle nuove mura e ne assecondava il perimetro del vertice sudoccidentale e, sotto di esse, un varco consentiva l’accesso alla nuova Conca di Viarenna; il bacino era situato, come ora, in parte sulla stessa superficie dove prima esisteva il laghetto di Sant’Eustorgio. 

La darsena riceveva il Naviglio Grande e dava acqua al troncone iniziale del Naviglio Pavese (1564). Un’ulteriore modifica si rese necessaria all’inizio del XIX secolo per aumentare ancora la portata del Naviglio Grande in vista della completa apertura del Naviglio Pavese, a sua volta navigabile e irriguo.

Fu chiusa una delle bocche di scarico a Tornavento, aumentando così la portata, e ciò implicò altri lavori come l’innalzamento e rafforzamento delle sponde e la posa sul fondo di briglie selciate per contenerne l’erosione.

darsena anni 50
Darsena Anni 50′

Il Trasporto di persone

Nel Seicento cominciò ad emergere anche l’esigenza dei viaggi di trasporto per le persone e dal 1645 inizia un servizio regolare, da Tornavento fino alla darsena di Milano, che raccoglieva passeggeri dai vari paesi lungo il corso del canale, caricandoli su “El barchett de Boffalora“, che prendeva il nome dalla località dove iniziò la fortunata omonima commedia dialettale di Cletto Arrighi, messa in scena per la prima volta nel 1871.

Il nome resterà poi in vigore per indicare indistintamente tutte le corriere che navigavano sul Naviglio Grande, anche dopo che nel 1913 fu sospeso il servizio, a seguito dell’avvento della nuova linea tramviaria milanese.

navigazione naviglio grande
Navigazione sul Naviglio Grande nel XIX secolo

La navigazione fluviale era un modo di viaggiare comodo, sicuro e soprattutto economico, malgrado l’approssimazione degli orari. Le barche che effettuavano il servizio, che erano 2 all’inizio del Settecento, divennero 12 alla fine del secolo e nel 1796, a cura del Custode delle Acque, fu emesso un regolamento organico che riformava e uniformava costi per passeggeri e bagagli, le posizioni e le caratteristiche degli approdi, comodi, in centro e a sponda bassa e armata.

barchett de boffalora

Dal 1777 il servizio fugestito da Giuseppe Castiglioni e Soci, barcaioli di Boffalora: per ogni corriera due uomini a bordo e un terzo a terra a occuparsi del cavallo e dell’alaggio.

Il decadimento del sistema Navigli

L’ultimo barcone, denominato 6L-6043, che navigò sul Naviglio Grande, il quale portava a Milano la sabba (120 tonnellate) dalle cave dell’Alto Milanese, entrò in Darsena per l’ultima volta sabato 31 marzo 1979, alle ore 14:00

“Si tratta del 6L-6043, un barcone di ferro lungo 38 metri e largo 5, partito all’alba da Castelletto di Cuggiono alla guida di due barcaioli di antica dinastia, e che, dopo otto ore di solitaria navigazione, giunge per l’ultima volta in porto” – Francesco Ogliari, Il Naviglio Grande.

Con l’entrata in vigore del divieto di navigazione, il canale perse per sempre così la sua funzione di “strada d’acqua”, dopo che per secoli aveva “costruito” Milano, trasportando numerosi materiali, frutta e verdura delle campagne che irrigava ed il marmo di Candoglia, che ha reso il nostro Duomo famoso in tutto il mondo.

Naviglio grande anni 50
Naviglio Grande anni ’50

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10 cose da fare e vedere sui Navigli a Milano

Bene, ora che sai la storia del Naviglio Grande, leggi questo articolo per sapere cosa vedere e cosa fare nel meraviglioso e magico quartiere dei Navigli a Milano.

Fonti:
– “Il Naviglio Grande. Da Candoglia alla Darsena di Milano”, Francesco Ogliari.
– Wikipedia https://it.wikipedia.org/wiki/Naviglio_Grande
– NavigliLive http://www.naviglilive.it/naviglio%20grande%20storia.htm

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