I Navigli coperti di Milano: scopri la storia della copertura dei Navigli milanesi
“Nella seconda metà del XIX, sotto la spinta dello sviluppo industriale, le principali città europee subirono un rapido incremento della popolazione che aggravò i problemi igienico sanitari già preesistenti, con la diffusione di gravi epidemie.
Già dal 1866, l’ingegnere Emilio Bignami evidenziava su “Il Politecnico” le gravi condizioni igieniche dei Corsi ‘acqua cittadini” [Maurizio Brown – Milano Città delle Scienze].
Vent’anni più tardi, è il turno del Piano Regolatore Generale di Milano , il primo documento ufficiale a parlare delle copertura dei navigli, approvato nel 1889 e detto “Piano Beruto”, dal nome del suo ideatore, l’ingegner Cesare Beruto; tuttavia ci vollero quasi 50 anni prima che si avviassero i lavori…

Il “Piano Beruto”
Il compito primario del Piano Regolatore di Milano era dunque quello di coordinare lo sviluppo e la crescita della città, contenendo le eccessive ambizioni speculative del privato, contrapposte agli interessi del pubblico.
Oltre ad alcune controversie del tempo legate all’edificazione in particolari zona delle città, un altro problema abbastanza grosso era la presenza in città delle acque canalizzate e dalla necessità di canalizzare quelle che si trovavano subito esterne a questa.
Viene così osservato nel piano innanzitutto il drastico calo relativo la navigazione della Cerchia interna e la necessità di metter mano ad alcuni argini e ponti particolarmente dissestati e pericolosi.
La progressiva crescita della città sfavoriva quindi la presenza di acque canalizzate scoperte al suo interno, in particolar modo per il livello di insalubrità che raggiungevano in certi periodi le acque.

Il piano dunque, richiamandosi al principio «SALUS PUBLICA SUPREMA LEX» e alle apposite commissioni d’igiene sorte in quegli anni al riguardo, contempla la copertura della Cerchia Interna e dei corsi d’acqua più noti, quali il Redefossi, le acque deviate del Seveso ancora scoperte, la Vettabbia ed il Borgognone.
La tombinatura doveva ritenersi analogamente imprescindibile anche per tutta una serie di corsi d’acqua minori che attraversavano aree già urbanizzate o di prossima edificazione.
Tuttavia, come ricorda Maurizio Brown, gli stessi igienisti non erano del tutto certi che tramite la copertura di questi canali diminuissero le malattie reumatiche ad essi associate, anzi, temevano che “le esalazioni nocive compresse nel sottosuolo, attraverso i condotti di scarico, avrebbero raggiunto le casi sovrastanti, rendendo l’aria delle stesse irrespirabile“.
A completamento del discorso sulle acque, il piano si soffermò anche sull’inesistenza della dotazione di un servizio fognario cittadino, da realizzarsi nel più breve tempo possibile.
Sotto il periodo Fascista
Il 3 marzo 1928 venne chiesto al Ministero dei lavori pubblici, con esito positivo, il permesso di copertura della cosiddetta “fossa interna”.
Per ottenere il declassamento della Cerchia Interna, venne inserito nel programma Comunale un ambizioso Piano, che prevedeva la realizzazione di un nuovo canale esterno all’area urbana, che avrebbe ricongiunto il Naviglio della Martesana alla Darsena di Porta Ticinese, collegandosi ad un porto di dimensioni industriali previsto a sud-est della città, detto “Porto di Mare” .

Le motivazioni sulla copertura della Cerchia interna
La decisione di coprire la Cerchia Interna era motivata principalmente da due necessità: la prima igienica e la seconda viabilistica.
Per quanto riguarda la motivazione igienica, bisogna ricordare che la medicina del tempo attribuiva agli odori, ai fetori ed all’evaporazione delle acque del naviglio la responsabilità di causare malattie reumatiche, inoltre è bene conoscere che, purtroppo, gli immobili adiacenti scaricavo abusivamente nella fossa interna anziché nella rete fognaria.
(Infatti, dal 1885 al 1892, il Genio Civile aveva provveduto a cementare il fondo dei canali, ristabilendo le pendenze e tutti gli scarichi erano stati ricondotti in fognatura)
I lunghi periodi dell’asciutta primaverile ed autunnale facevano emergere rottami e immondizie di ogni genere scaricate dai cittadini o portati dalle acque, inoltre il fango rimanente emanava un forte odore. A fare da contorno vi erano zanzare e topi.
Inoltre, la mancanza di una rete fognaria efficiente faceva del naviglio la più importante cloaca cittadina di tutti gli scarichi, familiari e industriali. Oltretutto, alcune tintorie della zona scaricavano nelle acque i loro residui di lavorazione, creando flussi e vortici multicolore.

Mentre la questione viabilistica era dovuta al fatto che la città stava crescendo, diventando una metropoli, con conseguente aumento di automobili e quindi traffico, che riversava soprattutto in pieno centro città e intorno al Duomo.
Vi era quindi la necessità di creare una nuova arteria anulare che desse respiro al traffico Milanese.
A queste due necessità ve ne era una terza, di tipo sociale; infatti, il Regime di Mussolini rivendicava anche motivazioni sociali a favore della copertura, in quanto
«Il Naviglio è un pericolo sociale per l’attrazione esercitata sui deboli e sui vinti di una grande metropoli, i suicidi. È un pericolo pubblico nelle notti invernali, nebbiose, per uomini e vecchi che vi possono precipitare. Del resto nella nuova vita italiana voluta dal fascismo le ragioni di affermazione e miglioramento della razza debbono avere il sopravvento su ogni altra considerazione…».
Relazione Ufficiale dell’Amministrazione di Milano, 1929
Si può inoltre affermare che “il Regime, per giustificare tale necessità, utilizzò una propaganda mirata sul tema degli inesistenti (o poco rilevanti) problemi igienici e sanitari, cui pochi si opposero” – R. Biscardini.
Inoltre, i proprietari frontisti, con l’eliminazione dei canali, contavano di ottenere un cospicuo incremento di valore del loro patrimonio e nuove possibilità edificatorie, anche sopra i giardini esistenti che si affacciavano sulla cerchia.
Quindi, anche la valorizzazione immobiliare fu una delle ragioni principali della loro chiusura.

L’inizio dei lavori
Nel 1925 nacque persino un “Comitato pro-copertura“, creato da ingegneri e proprietari fondiari, che era in grado di proporre i propri progetti anche in alternativa a quelli della Municipalità.
Il progetto esecutivo fu quindi approvato il 12 novembre 1928, dopo aver ottenuto anche l’autorizzazione dal Demanio Statale, mentre i lavori di chiusura della Cerchia interna iniziarono il 17 marzo 1929, durante l’asciutta primaverile, i quali durarono circa un anno.
Mentre i lavori di copertura del Naviglio di San Marco, dall’incrocio con la via Castelfidardo fino all’imbocco con via Fatebenfratelli, incominciarono il 10 marzo 1935, escludendo quindi dalla copertura il tratto della Conca dell’incoronata.
La spesa da parte del Comune per la copertura fu di oltre 27 milioni di Lire del tempo, oltre ai 20 milioni necessari per realizzare un nuovo canale di scolo.

In realtà, il percorso navigabile non coincideva in tutto e per tutto con quello stradale, ma aveva un tracciato che da Porta Nuova, attraverso la conca delle Gabelle, quella di San Marco, il laghetto e la via omonima, raggiungeva all’inizio di Fatebenefratelli il canale che circumnavigava la città in senso orario (acque discendenti) fino a via De Amicis: da qui, il Naviglio del Vallone piegava all’esterno (ansa verso sinistra) e discendeva, attraverso la conca di Viarenna, fino alla darsena di Porta Ticinese per raggiungere i navigli Grande e Pavese.
Fu così che i giornali del 1929 (controllati dal regime fascista) accolsero con articoli di giubilo la decisione del Comune di chiudere la cerchia interna

L’inganno vincente del Regime si basò su una falsa visione “futurista”, incarnata nel modello della strada larga per il transito dei mezzi motorizzati, simbolo di modernità, di velocità e movimento, di sviluppo economico.
La città ne giovò quindi in ammodernamento, ma cambiò completamente fisionomia e perse il suo volto di “Città d’acqua”.
Ben presto però, il rumore del traffico superò ogni inconveniente causato dai Navigli, ma ormai era troppo tardi per qualsiasi ripensamento.
La copertura di via Melchiorre Gioia
Innanzitutto, col venire meno del traffico fluviale, anche il Naviglio Martesana venne declassato da via di trasporto a canale irriguo nel 1958 e così venne abbandonato a se stesso, come succederà al Naviglio Pavese (declassato nel 1965).
La copertura del Naviglio Martesana non resse a lungo all’usura del tempo, tanto che negli anni ‘60 cominciarono a comparire delle pericolose crepe. Così il Corriere annunciava: «La fossa dei navigli sarà riempita di terra con una spesa di 800 milioni».
Intanto, sempre per motivazioni igieniche e per incompatibilità con la nuova vita di Milano, nel 1963 stava prendendo piede l’ idea di chiudere la Darsena («non fa respirare per 40 giorni»), considerata allora per tonnellaggio delle merci il sesto porto d’Italia.
A metà degli anni Sessanta, a seguito del raggiungimento critico dell’ammaloramento strutturale della copertura della fossa interna, l’amministrazione Comunale decise di effettuare delle indagini per verificare le condizioni di conservazione.
Al termine di queste verifiche, il drastico responso fu “Lo stato di grave ammaloramento si estende all’intera Fossa interna, senza soluzione di continuità“.
Nel 1968 furono quindi deviate le acque del Seveso e del Martesana all’interno del cavo Redefossi, subito a monte del Ponte delle Gabelle, dove già esisteva il manufatto di sfioro delle piene.
Le esigenze del traffico erano diventate più urgenti di quelle igieniche, così il 16 ottobre 1970 il Corriere annunciò la scomparsa del Ponte delle Gabelle per collegare con una sopraelevata via Melchiorre Gioia.

Per maggiori informazioni riguardo la chiusura della fossa interna, consiglio di visionare il documento riportato nel sito “Milano Città d’acque”, a questo link.
Mappa dei Navigli PRIMA e DOPO
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Fonti:
- Dino Messina. Anno 1929, interrati i Navigli. Quando le acque facevano paura.
- http://milano.corriere.it/notizie/cronaca/15_febbraio_15/anno-1929-interrati-navigli-quando-acque-facevano-paura-bfee7e2e-b4fa-11e4-b826-6676214d98fd.shtml?cmpid=SF020103COR
- Riaprire i Navigli, Per una nuova Milano: visione, strategie , criteri. A cura dell’Ass. Riaprire i Navigli, 2015.
- http://www.milanocittadacque.it/documenti-storici/la-chiusura-della-fossa-interna/
- https://it.wikipedia.org/wiki/Navigli_(Milano)#La_Cerchia_dei_Navigli
- http://milanocittadellescienze.it/wp-content/uploads/180408_articolo_soppressione_brown.pdf
- https://it.wikipedia.org/wiki/Piano_Beruto
- Cesare Beruto, Progetto del Piano Regolatore della Città di Milano, relazione all’Onorevole Giunta Municipale (31 dicembre 1884); riportato in AAVV, La Milano del Piano Beruto (1884-1889), Società, urbanistica e architettura nella seconda metà dell’Ottocento, Edizioni Angelo Guerini e Associati, 1992 – Vol. II, pp. 227-238