Cos’era il “Tumbùn de San Marc“?
Sicuramente avrai sentito parlare del tombone di San Marco, tuttavia, molte persone si confondo riguardo la sua posizione..
Con Tumbun o Tombon, i milanesi indicavano il punto in cui l’acqua del naviglio, alimentata da diversi canali e rogge, dava vita a pericolosi mulinelli causati dalla diversa profondità delle acque (dal termine francese tomber, cadere) .
Questo punto era situato proprio all’inizio di via San Marco, posto al di sotto del ponte di Bastioni di Porta Nuova, come si può ben notare dalla mappa sottostante

Tuttavia, oggi sono molti a credere erroneamente che il tombone di San Marco fosse situato in corrispondenza dell’incrocio fra le attuali vie San Marco e Montebello, punto in cui vi era l’accesso delle acque del Naviglio Martesana a Milano ed il collegamento di queste con il sistema di canali della cerchia interna.
Poco oltre questo tratto si trovava la cosiddetta Conca dell’Incoronata, che prende il nome dalla vicina chiesa e che fu nota anche come “Conca delle Gabelle“, perché in quel punto, adibito all’ingresso di merci e persone in città, si riscuoteva il pagamento delle tasse sugli scambi commerciali e sui trasporti.
A questa conca si ricollegano anche gli studi leonardeschi sul sistema delle chiuse, testimoniati per la prima volta da un disegno conservato nel Codice Atlantico (f. 73 v-a) e realizzato durante il primo soggiorno milanese (1482-1500) dell’artista toscano.
Infatti, attraverso l’ingegnoso meccanismo, fu quindi possibile superare la differenza di livello tra la Cerchia Interna e ed il canale proveniente dal Naviglio Martesana e consentire così il transito delle imbarcazioni all’interno della città.
Prima della conca si trovava (fino la metà degli anni ’30 del Novecento) il Laghetto di San Marco, che si estendeva davanti all’omonima chiesa e costituiva uno dei porti della città di Milano, insieme alla Darsena ed al Laghetto di Santo Stefano (oggi non più esistente e situato nell’attuale in Via Laghetto).

Il Tombone di San Marco ed il ponte dei Suicidi
Il Tombone di San Marco divenne subito un posto celebre per i suicidi.
Questa usanza era dovuta al fatto che il Naviglio Martesana nel suo ultimo tratto raccoglieva anche le acque del Seveso e ne cedeva in parte al Redefossi, comportando così all’altezza del “Tombon” e del vicino ponte di Montebello frequenti mulinelli e correnti d’acqua, che “risucchiavano” qualunque cosa o persona cadesse al suo interno.
Per questo motivo, il ponte di Bastioni di Porta Nuova divenne tristemente noto come il “ponte dei suicidi”, in quanto vi arrivavano in parecchi che, per motivi vari, decidevano di farla finita e “sparire”…
Nelle fotografie sottostanti, a sinistra del canale si possono notare le chiuse utilizzate per deviare le acque della Martesana nell’alveo del Redefossi, che da qui si originava.


Anche Filippo Turati descrisse in toni drammatici il Tombone di San Marco, ricollegandosi a questa triste usanza:
“Sul gorgo viscido
Filippo Turati, 1886
chiazzato e putido
sghignazza un cinico raggio di sol;
quali augei profughi
fantasmi lividi
mesconsi, riddano,
levansi a vol.
Son baldi giovini
spenti, son vacue
forme, son vedove
tristi beltà;
[…] Quante speranze
cessar le danze,
quante esultanze
fransero qui!
Che mondi vividi
di luce e iliadi
d’affanno il baratro
cupo inghiotti’!
[…] Invan mi affascini,
gorgo; le torpide
malie mi prodighi,
sirena, invan;
la luce adoro,
amo e lavoro,
mi canta un coro
lieto il doman.
chiamami, o gora;
quella che fia l’ora;
non vano allora
l’appel sarà”.

Esisteva un secondo tombone (el tombon de Viarenna) dove dalla Darsena si passava sotto i bastioni (l’odierno viale Gabriele d’Annunzio) per raggiungere il Naviglio Vallone attraverso la Conca di Viarenna.

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